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Upcycling: il futuro del circural beauty

Upcycling: il futuro del circural beauty

La filiera cosmetica è una tra le più inquinanti. Tra packaging non riciclabili, accessori usa e getta come dischetti di cotone e cotton fioc e ingredienti poco sostenibili, il danno che stiamo facendo al pianeta non è indifferente.

Questo settore ha quindi dovuto guardare in faccia il mondo che lo circonda e rendersi conto dei disastri ambientali che stava contribuendo a causare e, di conseguenza, agire per migliorarsi.

L’industria cosmetica ha iniziato a impegnarsi per innovarsi e promuovere valori più ecologici e zero-sprechi. Ad oggi gli obiettivi di sostenibilità toccano più step della filiera: sempre più brand sono consapevoli e si attivano per trovare soluzioni sostenibili e creative senza rinunciare ad offrire prodotti per la skincare.

Queste soluzioni hanno il nome di Upcycling e Circural beauty, non ne hai mai sentito parlare? Niente paura, oggi andremo a scoprirle meglio!

 

Un’economia circolare per la sopravvivenza del pianeta

Prima di tutto tocchiamo l’argomento che c’è alla base di questa svolta ecologica a cui stiamo assistendo: l’economi circolare.

Questa si basa sul mantenimento di materiali e risorse e sulla loro rigenerazione. L’obiettivo è quello di abbattere gli sprechi e di utilizzare un prodotto il più a lungo possibile, come? Prevedendo che il classico sistema “materia prima diventa prodotto finale” possa rigenerarsi all’infinito: tutti i prodotti finali diventano a loro volta le materie prime per un altro nuovo prodotto.

L’economia circolare rappresenta una delle migliori soluzioni per diminuire l’eccessivo e indiscriminato consumo delle materie prime ed è uno dei principi cardine dell’upcycling.

 

Upcycling, traduzione e significato

L’upcycling significato letterale è “riuso creativo” ed è il processo di riutilizzo di materiali di scarto, prodotti inutili o indesiderati che sono destinati ad essere buttati. Questi materiali, grazie a un processo creativo, diventano nuovi oggetti che acquisiscono una maggiore qualità, reale o percepita, data dal nuovo valore artistico e ambientale.

Il termine “Upcycling” viene usato per la prima volta dall’ingegnere meccanico tedesco Reiner Pilz nel 1994. L’ingegnere fa una distinzione profonda tra riciclo e upcycling per significato: il primo è stato ridefinito come “down-cycling” perché prevede la distruzione dello scarto e, successivamente, nella sua trasformazione in qualcosa di nuovo. Il secondo invece salta un passaggio, portando a un minore dispendio di risorse energetiche e inquinamento.

L’upcycling è un tema molto trasversale e può toccare diverse industrie, alcuni upcycling esempi sono: borse fatte con i pantaloni di jeans, cassette della frutta in legno trasformate in librerie o bottiglie di vino usate come lampade da tavolo. 

Il termine viene usato in inglese perché l’upcycling traduzione è riciclo creativo o riutilizzo ma queste non tengono conto del prefisso “up” che serve proprio a enfatizzare l’acquisizione di un valore maggiore rispetto all’oggetto di partenza.

Questa tendenza sta toccando anche il mondo della cosmetica, si parla di creme e cosmetici “3.0” perché vanno oltre alla riciclabilità delle confezioni e dei packaging ma puntano ad usare ingredienti di riciclo anche per le proprie formule. Il risultato è un prodotto più sostenibile e naturale, con un valore maggiore sia per l’ambiente che per la pelle.

 

upcycling cosmesi

Upcycling VS Riciclo

L’upcycling viene spesso presentato come l’up-grade del riciclo, mettiamoli a confronto:

  • Risorse energetiche. Il riciclo richiede grosse quantità di energia, con l’upcycling invece si salta il passaggio della “distruzione” del prodotto, abbassando notevolmente, se non addirittura annullando, lo spreco energetico;

  • Consapevolezza. Riciclare, se pur contribuendo a migliorare l’impatto ambientale, alimenta la mentalità dell’usa e getta. L’upcycling cerca invece di sradicarla, aumentando la consapevolezza delle persone. Il risultato è la riduzione di materiali di scarto e spazzatura nelle discariche;

  • Creatività. Questa pratica può stimolare la creatività, ci possiamo immaginare mille utilizzi diversi per uno stesso oggetto, possiamo decorarlo e reinventarlo all’infinito;

  • Riduzione del costo e dei tempi di produzione. Anche per le aziende è più vantaggioso acquistare rifiuti e scarti a un basso costo per poi creare prodotti redditizi.

 

Scarti alimentari e Skincare

La necessità di azzerare gli sprechi non è sentita solo dalle aziende cosmetiche ma anche dalla filiera agro-alimentare.

La quantità di sprechi e residui alimentali richiedono enormi costi per il loro smaltimento e costituiscono una vera minaccia di inquinamento.

Ed è a questo punto che i due bisogni si incontrano: i brand di cosmetica che decidono di seguire la filosofia dell’upcycling, creano le proprie formule proprio a partire da scarti della filiera agro-alimentare. Da questi, grazie alle tecnologie moderne, si possono ottenere composti bioattivi, enzimi e altre sostanze utili per l’industria della skincare.

 

  • Semi e bucce della frutta: i residui non commestibili dei frutti molto spesso contengono più principi attivi rispetto alla polpa e ad altre parti della pianta. Ad esempio, la buccia della mela ha un alto contenuto polifenico, i sottoprodotti dell’uva contengono acidi grassi e vitamine, il picciolo della ciliegia ha principi antiossidanti e proprietà fotoprotettive;

  • Rifiuti della verdura: i rifiuti non commestibili della verdura contengono preziose fonti di fitonutrienti. Dalle bucce dei pomodori si ricavano potenti antiossidanti, dalle acque di olio di oliva vengono estratti componenti come il polifenolo, utile per i prodotti anti-age e anti-infiammatori;

  • Frutta secca: dagli scarti della spremitura e frantumazione della frutta secca si possono ottenere olii naturali, i quali hanno un alto contenuto di acidi grassi che si possono utilizzare come emollienti.

 

Traiamo le conclusioni

L’upcycling è l’esempio che una cosmetica sempre più sostenibile e attenta alla salute del nostro pianeta non solo è possibile, ma già esiste.

Questa pratica è un’azione concreta di impegno per le aziende, permette di ridurre al minimo la produzione di scarti e promuove l’idea di un’economia circolare e sostenibile.